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Intervista alla band Having Thin Moonshine

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view post Posted on 22/9/2009, 08:01
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Intervista alla band Having Thin Moonshine

Di Andrea Turetta

Having Thin Moonshine è un progetto musicale nato a Venezia alla fine del 2006. Il gruppo comprende: voce femminile (Ally), chitarra acustica (Pietro Baldan), basso (Dario Belardinelli) e batteria (Jacopo Campi). I testi in lingua inglese sono scritti da Ally. I contenuti spaziano tra visioni introspettive e personali, ma attingono anche a drammi scenici come nel caso di "Salomè" di Oscar Wilde. La musica invece è composta da Piero, violoncellista di professione, diplomato al Conservatorio Agostino Steffani di Castelfranco Veneto, in sostanza colui che ha dato il via a questo progetto seguendo la sua passione per la chitarra acustica e per la musica. Di recente, è uscito l’album omonimo degli Having Thin Moonshire, un lavoro che consta di dodici tracce, nelle quali le pulsazioni della base ritmica si fondono a meraviglia con le dinamiche fioriture della chitarra acustica, creando una miscela suadente e magnetica in cui la voce di Ally risuona toccando le note della nostalgia e proiettando davanti ai nostri occhi scenari a volte immaginifici alternati a fotografie di ritagli oscuri e introspettivi. Ecco l’intervista…

Per iniziare, ecco la classica domanda. Come si è formata la band degli Having Thin Moonshine?
La nascita della band è partita da un'idea di Pietro. Dopo aver composto la musica per una nuova canzone suonando la chitarra acustica, decide di creare un progetto musicale dalle sonorità folk ma ispirato anche ad altri generi. Così senza perder tempo il giorno stesso ha contattato Alessia e Dario proponendo loro di formare un nuovo gruppo. La canzone in questione verrà poi intitolata "Salomè", pezzo che apre l'album. Dopo qualche mese di prove e cinque canzoni tra le mani, si è deciso di cominciare le registrazioni del primo demo. Per registrare le parti di batteria è stato contattato Jacopo, che di fatto è diventato parte integrante della band. Ed ecco a voi gli Having Thin Moonshine!

Il disco si apre con “Salomè”. Una sorta di omaggio ad Oscar Wilde?
Sicuramente omaggiamo Oscar Wilde con questo brano, ma lo scopo principale è esaltare la figura della femme fatale, la donna maudit dal carattere forte e controverso, quel personaggio fondamentale per gran parte della letteratura decadente, ripresa poi nel cinema e in alcuni casi nella storia stessa. L’ambientazione “esotica” della “Salomè” di Wilde ha stimolato in particolar modo la nostra fantasia, ma è solo un esempio che vuole ricordare le varie Marlene Dietrich, la “Venere in Pelliccia”, Mata Hari ecc…

Siete riusciti ad esprimere al meglio quello che volevate, nelle vostre canzoni composte fino ad ora?
Riguardo l'album siamo contenti di come sia uscito, non abbiamo alcun ripensamento riascoltandolo anche a distanza di tempo. In quel momento, dal nostro gruppo e dai mezzi di registrazione a nostra disposizione è stato dato il massimo possibile. Tuttavia un musicista deve essere sempre alla ricerca di qualcosa di più dalla sua musica... sarebbe limitante pensare di aver già raggiunto il massimo nelle proprie canzoni con soltanto il primo disco. Ogni nuovo pezzo da noi concepito nasce con l'intento di superare il precedente come idee ed intensità emotiva. Quindi si può dire che siamo soddisfatti di ciò che è stato fatto, ma la produzione futura sarà ancora meglio!

Quali sono le esperienze che più hanno contribuito alla vostra formazione?
Senz'altro la registrazione del primo demo può essere considerata una tra le più significative. Abbiamo cominciato il lavoro soltanto tre mesi dopo l'avvio del gruppo ed in quel momento non sapevamo ancora precisamente che cosa e come sarebbe uscito. Le linee vocali e diversi arrangiamenti non erano ancora stati definiti, ci trovavamo di fronte ad una strada non ancora battuta, ignari di dove realmente potesse portarci. Anche la batteria in principio non era stata prevista nella band, ma riascoltando più volte la registrazione abbiamo compreso che la sua aggiunta sicuramente avrebbe dato quel tocco rock in più che non guastava alle canzoni. A lavoro finito siamo rimasti piacevolmente colpiti: avevamo trovato il nostro sound.

Oggigiorno è difficile comporre dei pezzi che siano fuori dalle mode e che sappiano dare qualcosa di nuovo e personale?
Il segreto per non scendere nel già sentito è senz'altro essere onnivori nell'ascolto musicale. Bisogna saper ascoltare di tutto e non aver pregiudizi verso alcun genere, riuscire ad estrapolare il meglio da qualsiasi ambiente stilistico musicale conoscendone almeno i maggiori esponenti. La musica è un oceano infinito e per pescare nuove idee si può andare molto al largo...

Immagino avrete molti fans che vi stanno dando affetto e stima. Vi siete fatti un’idea su di loro?
Preferiamo dire che abbiamo molti amici che ci stanno dando affetto e stima. Abbiamo anche fans che ci supportano, ma al momento siamo ancora in una fase di crisalide, siamo più impegnati a pensare ai nostri mutamenti e alla nostra crescita più che al mondo che ci circonda.

In generale, è sempre difficile per gli artisti italiani raggiungere il pubblico straniero… da che cosa potrebbe dipendere? La musica dovrebbe essere un linguaggio universale…
Sicuramente la musica underground in Italia è relegata in una cerchia ancor più di nicchia che in altri paesi per tutta una serie di fattori che non vale la pena elencare (sarebbero troppi e in alcuni casi troppo complessi, quindi non vogliamo uccidere di noia i lettori con delle polemiche) e questo porta ad una visibilità ancora più scarsa rispetto al mondo esterno. Ciò non toglie che la musica sia un linguaggio universale, perché se un gruppo italiano è in grado di emozionare, lo farà in Italia e così anche all’estero, ma se non gli viene data la possibilità di una vetrina dove potersi proporre, rimarrà relegato nel proprio garage. Bisogna dare atto ad un mezzo come Myspace di aver portato una notevole rivoluzione musicale in questo ambito, in quanto ha dato la possibilità di mettere in luce tutti dei panorami che altrimenti sarebbero rimasti nascosti nella realtà locale. Ora possiamo accendere il nostro computer e ascoltare gruppi europei, statunitensi, sudamericani e così via, poi magari acquistare anche il loro disco. Insomma, Internet si può sfruttare anche per essere meno legati a ciò che le grandi major ci propongono e possiamo fare più attenzione a piccole etichette indipendenti e gruppi autoprodotti, che spesso propongono musica di gran lunga più originale e stimolante.

Quali cose vi piacciono di più e quali meno, circa la vostra professione?
La parte migliore secondo noi è senza dubbio l'esperienza live. La meno piacevole e divertente è la parte manageriale ed organizzativa, ovvero tutto quello che sta al di fuori dalla musica in una band. Ci sono molte cose importanti per l'attività di un gruppo, ma che tolgono comunque tempo all'impegno strettamente musicale che si vorrebbe mettere all'interno del progetto.

C’è qualche aneddoto particolare riguardo alla nascita delle canzoni che compongono il vostro disco?
Come penso possa essere intuibile "Jingle" è nata da un’ improvvisazione e una gran voglia di scherzare. Durante le prove ed in particolare tra una canzone e l’altra e forse dopo aver alzato un po' il gomito, abbiamo trovato un momento di leggerezza e spensieratezza che ha voluto esprimersi in una traccia così diversa dalle altre. Ci è subito piaciuta, è capace di far ballare il pubblico ed ora vi siamo molto affezionati."Skeleton in a Red Phone Box" si riferisce invece a due persone ben precise ed è tratta da una bizzarra storia vera… ma lasciamo un po’ di spazio al mistero.

Immagino ci siano delle persone che vi hanno dato il loro apporto per la riuscita dell’album. Proviamo a ricordarne qualcuna…
In primis vogliamo ricordare l'importanza in tutto questo di Ark Records (www.arkrecords.net ), etichetta discografica guidata da Rossana Rossi che ha creduto fermamente nel nostro progetto e che ha dato una grande opportunità alla nostra musica. Essere prodotti da una label che si contraddistingue per la sua impeccabile professionalità, che ha pubblicato bands di livello come Argine ed Ataraxia per citarne solo alcune, per noi è stata davvero una gran fortuna. Da ricordare poi anche la fotografa Cinzia Camela (consigliamo a tutti gli amanti della fotografia di visitare il sito www.cinziacamela.com dove si trovano magnifiche immagini di Black Rebel Motorcycle Club, Patrick Wolf, Patti Smith, ma non solo) che ha contribuito con il suo gran talento, ed anche Corrado Devettor che si è interessato moltissimo per queste foto; Matteo Stocco per le idee grafiche che ha realizzato con noi davanti a svariati litri di birra che abbiamo consumato assieme. Vogliamo inoltre aggiungere anche il lavoro della stampa che ha apprezzato molto l'album, per questo siamo molto grati a tutti quelli che amorevolmente hanno speso delle parole su di noi.

Quanto conta l’esperienza live quando ci si accinge a preparare un album?
E’ importante avere un’esperienza live per la registrazione di un album in quanto spesso proprio dall’esecuzione dal vivo nascono spunti che poi possono essere sviluppati e salvati. Nel momento in cui sei faccia a faccia con gli altri, la spinta interiore-emotiva è superiore e puoi arrivare ad una maggiore conoscenza del pezzo. Il confronto con il pubblico ti dà lo stimolo per apportare miglioramenti ad un brano, in fondo non suoniamo solo per noi stessi ma anche per cercare di emozionare gli ascoltatori. Ciò non significa che cerchiamo di piacere a tutti i costi a chi ci ascolta, facendo musica con l'intento di accattivare il maggior numero di persone. Piuttosto riteniamo che la reazione altrui possa portarci a delle riflessioni. C’è anche un beneficio inverso, cioè il miglioramento che può apportare la registrazione di un album per la qualità di una performance come il concerto. Suonare un pezzo in studio ti fa mirare al raggiungimento della perfezione esecutiva (non esclude l’improvvisazione, in quanto in molti casi le idee migliori nascono proprio “al momento”) e questo porta ad avere una maggior consapevolezza dei propri mezzi.

La musica è un’arte eppure, sembra che ancora faccia fatica ad essere considerata tale…
In merito l'unica cosa che possiamo dire è che in Italia il problema di poca considerazione da parte delle istituzioni, non tocchi soltanto la musica ma l'arte in generale. Il nostro paese ormai non investe più neppure nella ricerca e studi scientifici, figuriamoci nell'ambito della cultura e dello spettacolo. La Musica è un bene comune, e per vivere ha bisogno di fondi pubblici e di spazi adeguati. Non si può guardare soltanto al profitto nella vita.

Quali consigli vi sentireste di dare ad una giovane band che intenda incidere un disco?
Sicuramente una delle cose importanti da non tralasciare in un disco sono i particolari. Doppie voci, cori, strumenti aggiuntivi sono quelle piccole cose che possono far decollare un pezzo. Dettagli che vanno curati, e se usati bene possono dare quel tocco personale in più alla propria registrazione.

Qual è il vostro rapporto con la tecnologia applicata alla musica?
Possiamo dire che abbiamo un rapporto molto stretto con la tecnologia, anche se dal nostro sound crediamo questa cosa non emerga. In genere quando abbiamo due o più canzoni pronte le registriamo subito, lo facciamo personalmente senza alcun aiuto esterno alla band, utilizzando una nostra strumentazione. Questo comporta come oggi quasi tutti i musicisti ed addetti ai lavori fanno, l'utilizzo dell'attrezzatura necessaria collegata ad un computer. Durante le sessioni, sono diverse le ore passate davanti ad un monitor per apportare ritocchi, aggiustamenti vari ed infine per il mixaggio. Un lavoro che a lungo andare si rivela alquanto stancante, e mette molte volte a dura prova i nostri nervi.

Da anni si parla di crisi nel settore discografico… Quali pensiate siano le armi più efficaci per riuscire a superare questo momento di forte incertezza?
E’ un po' difficile dirlo... possiamo soltanto constatare che il modo di ascoltare musica è decisamente cambiato con l'arrivo del formato mp3. Ora molta gente tende ad ascoltarla soltanto attraverso le cuffie del proprio iPod o altro lettore come anche dal cellulare, non necessitando quindi della fonte originale per l'ascolto di un disco. Chiunque poi può accedere ad internet ed usare un qualsiasi programma per la condivisione dei dati, procurarsi così gratuitamente ed in questo caso illegalmente la musica che preferisce. Tutto questo però oltre a demolire il mercato discografico, tende secondo noi anche a creare una specie di tendenza all'usa e getta nei riguardi della musica rispetto al passato. Un disco non avendolo pagato e neppure impresso in un supporto solido, si tende ad ascoltarlo di meno visto che ogni giorno se ne possono avere decine di nuovi. Poi velocemente si passa ad un altro tra le centinaia in memoria. E quando la memoria è piena inevitabilmente per lasciar spazio a nuove cose lo si cancella, ed infine dimentica. Un vero appassionato di musica prova piacere nel collezionare dischi, facendoli diventare tasselli che compongono un mosaico di ricordi ed emozioni nella propria vita. In genere anche il semplice rito dell'acquisto aveva un suo fascino. Recarsi al negozio con i sudati risparmi in tasca, passare anche un'ora a guardare tra gli stand, scegliersi un disco, chiedere informazioni al commesso. Tornare a casa con impazienza per ascoltare nel proprio impianto stereo l'ultimo acquisto, nel mentre ci si gusta tra le mani la copertina ed i testi. Ora in molti casi si riduce tutto in un clic e via...

Sito del gruppo:
www.myspace.com/havingthinmoonshinevenice

www.myspace.com/arkitaly
www.arkrecords.net

Attached Image: HAVING.jpg

HAVING.jpg

 
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